Oncologia Gastroenterologica

Questa sezione comprende nozioni di epidemiologia, eziologia, sintomatologia, diagnosi, terapia e prognosi delle principali neoplasie del tratto gastroenterico. Sono inclusi i tumori della colecisti e delle vie biliari, i tumori del fegato e del pancreas.

Wednesday, December 13, 2006

POLIPI E POLIPOSI DEL COLON
Si definisce polipo una neoformazione, sessile o peduncolata, che aggetta nel lume intestinale. I polipi si possono suddividere in due grandi categorie, quelli neoplastci (o adenomi) e quelli non neoplastici.

1) POLIPI NEOPLASTICI (ADENOMI). Sono considerati i precursori del cancro; la cancerizzazione è più frequente se i polipi sono villosi, di grosse dimensioni, e multipli. Colpiscono il 5-10% della popolazione, e la loro incidenza aumenta con l’età. A loro volta si suddividono in:
- adenomi tubulari (75%), in genere sono unici, piccoli (dimensioni di circa 1 cm) e peduncolati, sono formati da un asse fibrovascolare con mucosa normale
- adenomi villosi (10%), sono quasi sempre unici, sessili, più grandi dei polipi tubulari (circa 2 cm), localizzati prevalentemente al retto e al sigma; sono formati da espansioni di lamina propria rivestite da un epitelio ghiandolare ramificato
- adenomi tubulo-villosi (15%), presentano caratteristiche intermedie
Gli adenomi possono rimanere a lungo asintomatici o manifestarsi con emissione di sangue rosso vivo o scuro durante o al di fuori della defecazione, emissione di muco (soprattutto per gli adenomi villosi) che può rivestire le feci o esserne indipendente, diarrea acquosa (raramente), tenesmo rettale (da occupazione dell’ampolla rettale), dolori addominali, protrusione del polipo attraverso l’orifizio anale. In alcuni adenomi villosi si può avere un’emissione di muco talmente cospicua (fino a 1-2 litri al dì) da configurare una sindrome con grave disidratazione e squilibrio idro-elettrolitico, che può condurre al coma e alla morte (sindrome di McKittrick). La diagnosi è affidata alla pancolonscopia con biopsia. La terapia consiste nella exeresi, chirurgica se i polipi sono molto grandi, altrimenti per via endoscopica, dopo la quale si effettuerà l’esame istologico e si vedrà se è presente infiltrazione carcinomatosa della parete intestinale.
La poliposi adenomatosa familiare (FAP) è una sindrome a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata dalla presenza a livello colon-rettale di numerosissimi polipi adenomatosi (centinaia o anche migliaia); i polipi compaiono dopo la prima decade di vita e vanno via via aumentando di numero e di grandezza; se non asportati, vanno sicuramente incontro a trasformazione maligna. I sintomi sono gli stessi dell’adenoma. Esistono forme particolari di espressione della FAP: la sindrome di Turcot (polipi intestinali e tumori del sistema nervoso centrale) e la sindrome di Gardner (polipi intestinali, osteomi, tumori desmoidi e cisti epidermoidi); inoltre la FAP può associarsi a polipi gastrici, duodenali, e lesioni retiniche. La diagnosi si basa sul clisma opaco e sulla pancolonscopia, mentre la terapia consiste nella protocolectomia totale, con exeresi anche della mucosa rettale ma rispettando lo sfintere anale, abboncando così l’ileo alla giunzione ano-rettale.

2) POLIPI NON NEOPLASTICI.
Al contrario degli adenomi non tendono alla cancerizzazione. A loro volta si suddividono in:
- polipi iperplastici, che rappresentano il 90% di tutti i polipi, e si formano per aumento dei processi proliferativi nelle cripte del Lieberkuhn; di solito sono asintomatici e il loro riscontro è casuale durante indagini endoscopiche effettuate per altri scopi
- polipi infiammatori, localizzati prevalentemente al retto e all’ileo terminale, sono costituiti da tessuto linfatico iperplastico e ipertrofico; si repertano spesso in pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI)
- polipi amartomatosi, che possono essere suddivisi in polipi giovanili, polipi della sindrome di Peutz-Jeghers e polipi della sindrome di Cronkhite-Canada
  • I polipi giovanili colpiscono il 3% dei soggetti con età inferiore a 21 anni e sono trasmessi con eredità autosomica dominante. Sono localizzati per lo più al retto, e di solito sono peduncolati; sebbene siano benigni, in alcuni casi possono mostrare aree adenomatose. Sintomi: emissione di modeste quantità di sangue rosso vivo con la defecazione o subito dopo, protrusione dall’ano, dolori crampiformi ai quadranti bassi giacché possono esercitare trazione della parete grazie al loro robusto peduncolo.
  • La sindrome di Peutz-Jeghers è una sindrome a trasmissione autosomica dominante caratterizzata da multipli polipi amartomatosi nel tenue, e in misura minore anche nel colon e nello stomaco; in genere i polipi sono asintomatici, ma talora possono causare sanguinamento occulto o evidente, o causare una complicanza come invaginazione e ostruzione meccanica. Sono associati a pigmentazione cutanea, specie alla bocca e alle labbra; sebbene non cancerizzano, i pazienti sono a maggior rischio di tumori in altre zone (polmone, mammella, pancreas, ovaio, utero, ecc…).
  • La sindrome di Cronckhite-Canada è una sindrome non ereditaria caratterizzata da poliposi gastroenterica amartomatosa associata ad alopecia, atrofia ungueale e alterata pigmentazione cutanea.

Sunday, December 10, 2006

EPATOCARCINOMA (HCC)
Rappresenta più del 90% dei tumori del fegato. Ha la massima incidenza in Africa e in Medio Oriente, ma la sua diffusione è in aumento anche nel mondo occidentale, per via della crescente diffusione del virus epatitico HCV. In Europa e USA costituisce fino al 6% di tutti i tumori solidi, colpisce prevalentemente i maschi (rapporto di 4:1 tra maschi e femmine) con età media tra 50 e 60 anni. Anche in Italia il trend è in aumento.

Eziologia e patogenesi. L’HCC insorge quasi sempre su un fegato cirrotico, prevalentemente post-epatitico, più raramente post-alcolico. La cirrosi, che fornisce il sottofondo di aumentata proliferazione cellulare, evolve in neoplasia con un tasso annuale variabile tra il 2 e il 5%, con aumento del rischio in pazienti con eziologia virale o con molteplici fattori di rischio (es. associazione tra HBV ed HCV). La cirrosi è considerata il fattore di rischio singolo più importante per lo sviluppo del tumore. Nell’insorgenza dell’HCC (e, precedentemente, della cirrosi), sono chiamati in causa:
- HBV e HCV (la loro cancerogenesi è stata ben documentata; mentre il virus B è il fattore eziologico principale in Asia e Africa, il virus C è quello predominante nei paesi occidentali)
- alcol
- aflatossine (frequenti contaminanti di cereali e legumi, sono prodotte da Aspergillus flavus, un micete diffuso nei paesi tropicali)
- nitrosamine, cloruro di vinile, Thorotrast (vecchio MdC radiologico)
- dieta ipoproteica, scarso consumo di frutta, vegetali, latte e uova
- contraccettivi orali (probabilmente rappresentano solo un co-fattore, e richiedono altri fattori patogenetici più importanti)
- fumo di sigaretta (responsabile di circa il 40% dei casi HBV-negativi)
- malattie metaboliche (es. emocromatosi, deficit di alfa-1-antitripsina)
- cirrosi biliare primitiva

Anatomia patologica. Esistono diversi tipi istologici, che tuttavia non hanno correlazioni prognostiche molto differenti: forma trabecolare, forma acinosa, forma compatta, forma scirrosa, carcinoma a cellule chiare, tumore peduncolato, carcinoma fibrolamellare (insorge su fegato non cirrotico, spesso è negativo alla alfa-fetoproteina, ha crescita lenta ed è più facilmente resecabile). Dal punto di vista macroscopico si riconoscono un tipo nodulare (nodulo ben delimitato), un tipo massivo (plurinodulare con infiltrazione del parenchima vicino) e un tipo diffuso (coinvolge diffusamente e ampiamente il fegato).

Clinica e diagnosi. Tipicamente l’HCC è asintomatico o paucisintomatico in fase iniziale. Quando presenti, i sintomi sono vaghi e aspecifici. Il paziente può lamentare astenia, perdita di peso, ittero, ascite, splenomegalia, febbricola, dolore addominale, decadimento delle condizioni generali. I primi segni e sintomi sono talora legati ad una sindrome paraneoplastica (es. ipoglicemia, ipercalcemia, eritrocitosi). Per quanto riguarda gli esami ematochimici è frequente l’elevazione di γ-GT e fosfatasi alcalina, con bilirubina conservata o solo lievemente mossa. La alfa-fetoproteina, proteina prodotta dal fegato, è estremamente importante perché permette sia di rafforzare il sospetto clinico, che di seguire il follow up (diagnosi di recidive dopo terapia). Valori di alfa-fetoproteina tra 20 e 200 ng/ml sono diagnostici ma con falsi positivi, mentre valori superiori ai 200 ng/ml costituiscono una diagnosi quasi certa. Il valore normale della alfa-fetoproteina è inferiore a 20 ng/ml; tale marker è stato testato anche come possibile strumento di diagnosi precoce, ma i risultati non sono stati esaltanti; per la sorveglianza di pazienti a rischio (es. cirrotici, HBV cronica) è molto più utile l’ecografia. Altri macatori tumorali utili sono il CEA e il GICA. La conferma del sospetto e la stadiazione del paziente si servono di ecografia (esame di prima istanza, estremamente affidabile anche per noduli piccoli), TC con MdC, RMN (più accurata della TC, ma ancora poco diffusa), angiografia (meno importante rispetto a qualche anno fa, ma ancora utilizzata), esame citologico con ago sottile (fine needle biopsy) ed esame istologico con ago tru-cut. Infine come extrema ratio vi sono la laparoscopia diagnostica, durante la quale è possibile effettuare prelievi multipli sia dal fegato che dalle zone vicine, e la laparotomia esplorativa.

Stadiazione. Si serve di dati clinici, laboratoristici, radiologici, anatomo-patologici. Il sistema TNM è il metodo di stadiazione più diffuso.
- T1 (tumore unico inferiore a 2 cm, senza invasione vascolare)
- T2 (tumore unico superiore a 2 cm oppure con invasione vascolare; oppure tumori multipli inferiori a 2cm, appartenenti allo stesso lobo, senza invasione vascolare)
- T3 (tumore unico superiore a 2 cm con invasione vascolare; oppure tumori multipli, alcuni dei quali superiori a 2 cm con invasione vascolare)
- T4 (tumori multipli in più di un lobo, con interessamento di un ramo maggiore della vena porta o di una vena sovraepatica)
Per i criteri N e M esistono solo 0 (negativo) e 1 (positivo).
Esiste anche una stadiazione in base alla percentuale di parenchima epatico interessato dal tumore: stadio I (meno del 20%), stadio II (20-70%), stadio III (più del 70%). È molto importante, prima di decidere la terapia più appropriata, valutare bene le condizioni generali del paziente e la sua funzionalità epatica. Si possono utilizzare a tale scopo la classificazione di Child-Plough, quella di Okuda o quella di Okamoto. Sono utili anche i test che valutano la capacità di biotrasformazione del fegato (es. clearance della caffeina o del verde di indocianina), i valori relativi all’assetto metabolico e al sistema immunitario. In base alle caratteristiche del tumore, ai dati di laboratorio e alle condizioni cliniche del paziente si decide se sottoporre il paziente stesso ad intervento chirurgico.

Terapia. La resezione epatica è la principale opzione terapeutica nei pazienti con fegato normale e buona funzione epatica, e conferisce sopravvivenza media a cinque anni del 50%. L’intervento è controindicato in caso di tumori multipli, invasione vascolare o linfatica, invasione di più del 50% del parenchima. Nei pazienti con cirrosi ben compensata è possibile effettuare resezioni molto limitate (il fegato cirrotico non ha possibilità di rigenerazione, al contrario del fegato normale). Il trapianto è il trattamento di scelta quando il tumore non è resecabile (per sede, multifocalità, dimensioni, condizioni del paziente, cirrosi estesa), escludendo comunque i tumori con diametro maggiore di 8-10 centimetri, dall’istologia estremamente sfavorevole, o dai valori elevatissimi di alfa-fetoproteina.
Le metodiche di interruzione del flusso ematico al tumore possono essere utili per ridurre le dimensioni della massa prima dell’intervento (legatura dell’arteria epatica, embolizzazione). La radioterapia e la chemioterapia danno risultati molto scarsi. I pazienti con tumore inoperabile e di dimensioni inferiori a 5 cm sono indicati per trattamenti ablativi con iniezione interstiziale di alcol o radiofrequenza. La chemioembolizzazione arteriosa transcatetere (TACE) comporta la necrosi ischemica della massa e consente l'iniezione di farmaci nel tumore, aumentando l’efficacia locale e riducendo gli effetti collaterali.