Oncologia Gastroenterologica

Questa sezione comprende nozioni di epidemiologia, eziologia, sintomatologia, diagnosi, terapia e prognosi delle principali neoplasie del tratto gastroenterico. Sono inclusi i tumori della colecisti e delle vie biliari, i tumori del fegato e del pancreas.

Wednesday, December 13, 2006

POLIPI E POLIPOSI DEL COLON
Si definisce polipo una neoformazione, sessile o peduncolata, che aggetta nel lume intestinale. I polipi si possono suddividere in due grandi categorie, quelli neoplastci (o adenomi) e quelli non neoplastici.

1) POLIPI NEOPLASTICI (ADENOMI). Sono considerati i precursori del cancro; la cancerizzazione è più frequente se i polipi sono villosi, di grosse dimensioni, e multipli. Colpiscono il 5-10% della popolazione, e la loro incidenza aumenta con l’età. A loro volta si suddividono in:
- adenomi tubulari (75%), in genere sono unici, piccoli (dimensioni di circa 1 cm) e peduncolati, sono formati da un asse fibrovascolare con mucosa normale
- adenomi villosi (10%), sono quasi sempre unici, sessili, più grandi dei polipi tubulari (circa 2 cm), localizzati prevalentemente al retto e al sigma; sono formati da espansioni di lamina propria rivestite da un epitelio ghiandolare ramificato
- adenomi tubulo-villosi (15%), presentano caratteristiche intermedie
Gli adenomi possono rimanere a lungo asintomatici o manifestarsi con emissione di sangue rosso vivo o scuro durante o al di fuori della defecazione, emissione di muco (soprattutto per gli adenomi villosi) che può rivestire le feci o esserne indipendente, diarrea acquosa (raramente), tenesmo rettale (da occupazione dell’ampolla rettale), dolori addominali, protrusione del polipo attraverso l’orifizio anale. In alcuni adenomi villosi si può avere un’emissione di muco talmente cospicua (fino a 1-2 litri al dì) da configurare una sindrome con grave disidratazione e squilibrio idro-elettrolitico, che può condurre al coma e alla morte (sindrome di McKittrick). La diagnosi è affidata alla pancolonscopia con biopsia. La terapia consiste nella exeresi, chirurgica se i polipi sono molto grandi, altrimenti per via endoscopica, dopo la quale si effettuerà l’esame istologico e si vedrà se è presente infiltrazione carcinomatosa della parete intestinale.
La poliposi adenomatosa familiare (FAP) è una sindrome a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata dalla presenza a livello colon-rettale di numerosissimi polipi adenomatosi (centinaia o anche migliaia); i polipi compaiono dopo la prima decade di vita e vanno via via aumentando di numero e di grandezza; se non asportati, vanno sicuramente incontro a trasformazione maligna. I sintomi sono gli stessi dell’adenoma. Esistono forme particolari di espressione della FAP: la sindrome di Turcot (polipi intestinali e tumori del sistema nervoso centrale) e la sindrome di Gardner (polipi intestinali, osteomi, tumori desmoidi e cisti epidermoidi); inoltre la FAP può associarsi a polipi gastrici, duodenali, e lesioni retiniche. La diagnosi si basa sul clisma opaco e sulla pancolonscopia, mentre la terapia consiste nella protocolectomia totale, con exeresi anche della mucosa rettale ma rispettando lo sfintere anale, abboncando così l’ileo alla giunzione ano-rettale.

2) POLIPI NON NEOPLASTICI.
Al contrario degli adenomi non tendono alla cancerizzazione. A loro volta si suddividono in:
- polipi iperplastici, che rappresentano il 90% di tutti i polipi, e si formano per aumento dei processi proliferativi nelle cripte del Lieberkuhn; di solito sono asintomatici e il loro riscontro è casuale durante indagini endoscopiche effettuate per altri scopi
- polipi infiammatori, localizzati prevalentemente al retto e all’ileo terminale, sono costituiti da tessuto linfatico iperplastico e ipertrofico; si repertano spesso in pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI)
- polipi amartomatosi, che possono essere suddivisi in polipi giovanili, polipi della sindrome di Peutz-Jeghers e polipi della sindrome di Cronkhite-Canada
  • I polipi giovanili colpiscono il 3% dei soggetti con età inferiore a 21 anni e sono trasmessi con eredità autosomica dominante. Sono localizzati per lo più al retto, e di solito sono peduncolati; sebbene siano benigni, in alcuni casi possono mostrare aree adenomatose. Sintomi: emissione di modeste quantità di sangue rosso vivo con la defecazione o subito dopo, protrusione dall’ano, dolori crampiformi ai quadranti bassi giacché possono esercitare trazione della parete grazie al loro robusto peduncolo.
  • La sindrome di Peutz-Jeghers è una sindrome a trasmissione autosomica dominante caratterizzata da multipli polipi amartomatosi nel tenue, e in misura minore anche nel colon e nello stomaco; in genere i polipi sono asintomatici, ma talora possono causare sanguinamento occulto o evidente, o causare una complicanza come invaginazione e ostruzione meccanica. Sono associati a pigmentazione cutanea, specie alla bocca e alle labbra; sebbene non cancerizzano, i pazienti sono a maggior rischio di tumori in altre zone (polmone, mammella, pancreas, ovaio, utero, ecc…).
  • La sindrome di Cronckhite-Canada è una sindrome non ereditaria caratterizzata da poliposi gastroenterica amartomatosa associata ad alopecia, atrofia ungueale e alterata pigmentazione cutanea.

Sunday, December 10, 2006

EPATOCARCINOMA (HCC)
Rappresenta più del 90% dei tumori del fegato. Ha la massima incidenza in Africa e in Medio Oriente, ma la sua diffusione è in aumento anche nel mondo occidentale, per via della crescente diffusione del virus epatitico HCV. In Europa e USA costituisce fino al 6% di tutti i tumori solidi, colpisce prevalentemente i maschi (rapporto di 4:1 tra maschi e femmine) con età media tra 50 e 60 anni. Anche in Italia il trend è in aumento.

Eziologia e patogenesi. L’HCC insorge quasi sempre su un fegato cirrotico, prevalentemente post-epatitico, più raramente post-alcolico. La cirrosi, che fornisce il sottofondo di aumentata proliferazione cellulare, evolve in neoplasia con un tasso annuale variabile tra il 2 e il 5%, con aumento del rischio in pazienti con eziologia virale o con molteplici fattori di rischio (es. associazione tra HBV ed HCV). La cirrosi è considerata il fattore di rischio singolo più importante per lo sviluppo del tumore. Nell’insorgenza dell’HCC (e, precedentemente, della cirrosi), sono chiamati in causa:
- HBV e HCV (la loro cancerogenesi è stata ben documentata; mentre il virus B è il fattore eziologico principale in Asia e Africa, il virus C è quello predominante nei paesi occidentali)
- alcol
- aflatossine (frequenti contaminanti di cereali e legumi, sono prodotte da Aspergillus flavus, un micete diffuso nei paesi tropicali)
- nitrosamine, cloruro di vinile, Thorotrast (vecchio MdC radiologico)
- dieta ipoproteica, scarso consumo di frutta, vegetali, latte e uova
- contraccettivi orali (probabilmente rappresentano solo un co-fattore, e richiedono altri fattori patogenetici più importanti)
- fumo di sigaretta (responsabile di circa il 40% dei casi HBV-negativi)
- malattie metaboliche (es. emocromatosi, deficit di alfa-1-antitripsina)
- cirrosi biliare primitiva

Anatomia patologica. Esistono diversi tipi istologici, che tuttavia non hanno correlazioni prognostiche molto differenti: forma trabecolare, forma acinosa, forma compatta, forma scirrosa, carcinoma a cellule chiare, tumore peduncolato, carcinoma fibrolamellare (insorge su fegato non cirrotico, spesso è negativo alla alfa-fetoproteina, ha crescita lenta ed è più facilmente resecabile). Dal punto di vista macroscopico si riconoscono un tipo nodulare (nodulo ben delimitato), un tipo massivo (plurinodulare con infiltrazione del parenchima vicino) e un tipo diffuso (coinvolge diffusamente e ampiamente il fegato).

Clinica e diagnosi. Tipicamente l’HCC è asintomatico o paucisintomatico in fase iniziale. Quando presenti, i sintomi sono vaghi e aspecifici. Il paziente può lamentare astenia, perdita di peso, ittero, ascite, splenomegalia, febbricola, dolore addominale, decadimento delle condizioni generali. I primi segni e sintomi sono talora legati ad una sindrome paraneoplastica (es. ipoglicemia, ipercalcemia, eritrocitosi). Per quanto riguarda gli esami ematochimici è frequente l’elevazione di γ-GT e fosfatasi alcalina, con bilirubina conservata o solo lievemente mossa. La alfa-fetoproteina, proteina prodotta dal fegato, è estremamente importante perché permette sia di rafforzare il sospetto clinico, che di seguire il follow up (diagnosi di recidive dopo terapia). Valori di alfa-fetoproteina tra 20 e 200 ng/ml sono diagnostici ma con falsi positivi, mentre valori superiori ai 200 ng/ml costituiscono una diagnosi quasi certa. Il valore normale della alfa-fetoproteina è inferiore a 20 ng/ml; tale marker è stato testato anche come possibile strumento di diagnosi precoce, ma i risultati non sono stati esaltanti; per la sorveglianza di pazienti a rischio (es. cirrotici, HBV cronica) è molto più utile l’ecografia. Altri macatori tumorali utili sono il CEA e il GICA. La conferma del sospetto e la stadiazione del paziente si servono di ecografia (esame di prima istanza, estremamente affidabile anche per noduli piccoli), TC con MdC, RMN (più accurata della TC, ma ancora poco diffusa), angiografia (meno importante rispetto a qualche anno fa, ma ancora utilizzata), esame citologico con ago sottile (fine needle biopsy) ed esame istologico con ago tru-cut. Infine come extrema ratio vi sono la laparoscopia diagnostica, durante la quale è possibile effettuare prelievi multipli sia dal fegato che dalle zone vicine, e la laparotomia esplorativa.

Stadiazione. Si serve di dati clinici, laboratoristici, radiologici, anatomo-patologici. Il sistema TNM è il metodo di stadiazione più diffuso.
- T1 (tumore unico inferiore a 2 cm, senza invasione vascolare)
- T2 (tumore unico superiore a 2 cm oppure con invasione vascolare; oppure tumori multipli inferiori a 2cm, appartenenti allo stesso lobo, senza invasione vascolare)
- T3 (tumore unico superiore a 2 cm con invasione vascolare; oppure tumori multipli, alcuni dei quali superiori a 2 cm con invasione vascolare)
- T4 (tumori multipli in più di un lobo, con interessamento di un ramo maggiore della vena porta o di una vena sovraepatica)
Per i criteri N e M esistono solo 0 (negativo) e 1 (positivo).
Esiste anche una stadiazione in base alla percentuale di parenchima epatico interessato dal tumore: stadio I (meno del 20%), stadio II (20-70%), stadio III (più del 70%). È molto importante, prima di decidere la terapia più appropriata, valutare bene le condizioni generali del paziente e la sua funzionalità epatica. Si possono utilizzare a tale scopo la classificazione di Child-Plough, quella di Okuda o quella di Okamoto. Sono utili anche i test che valutano la capacità di biotrasformazione del fegato (es. clearance della caffeina o del verde di indocianina), i valori relativi all’assetto metabolico e al sistema immunitario. In base alle caratteristiche del tumore, ai dati di laboratorio e alle condizioni cliniche del paziente si decide se sottoporre il paziente stesso ad intervento chirurgico.

Terapia. La resezione epatica è la principale opzione terapeutica nei pazienti con fegato normale e buona funzione epatica, e conferisce sopravvivenza media a cinque anni del 50%. L’intervento è controindicato in caso di tumori multipli, invasione vascolare o linfatica, invasione di più del 50% del parenchima. Nei pazienti con cirrosi ben compensata è possibile effettuare resezioni molto limitate (il fegato cirrotico non ha possibilità di rigenerazione, al contrario del fegato normale). Il trapianto è il trattamento di scelta quando il tumore non è resecabile (per sede, multifocalità, dimensioni, condizioni del paziente, cirrosi estesa), escludendo comunque i tumori con diametro maggiore di 8-10 centimetri, dall’istologia estremamente sfavorevole, o dai valori elevatissimi di alfa-fetoproteina.
Le metodiche di interruzione del flusso ematico al tumore possono essere utili per ridurre le dimensioni della massa prima dell’intervento (legatura dell’arteria epatica, embolizzazione). La radioterapia e la chemioterapia danno risultati molto scarsi. I pazienti con tumore inoperabile e di dimensioni inferiori a 5 cm sono indicati per trattamenti ablativi con iniezione interstiziale di alcol o radiofrequenza. La chemioembolizzazione arteriosa transcatetere (TACE) comporta la necrosi ischemica della massa e consente l'iniezione di farmaci nel tumore, aumentando l’efficacia locale e riducendo gli effetti collaterali.

Sunday, August 20, 2006

CANCRO DEL COLON-RETTO
Il cancro del colon-retto è il più frequente tumore dell’intestino. E' molto diffuso nei paesi industrializzati (Europa settentrionale e Nord America), mentre la sua incidenza è bassa nei paesi arretrati (Africa); rappresenta la seconda causa di morte per tumore in entrambi i sessi, ogni anno in Italia 35.000 persone ammalano e 19.000 muoiono per CCR. La sua incidenza aumenta con l'età; la mortalità globale a 5 anni è del 50%. Nel 5% dei casi si tratta di forme ereditarie.

Fattori di rischio: età > 50 anni (90% dei casi), storia familiare di cancro colonrettale, FAP (poliposi adenomatosa familiare), sindrome di Lynch (cancro colonrettale non poliposico ereditario o HNPCC), dieta ricca di grassi animali e povera di vegetali, malattie infiammatorie croniche intestinali (morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa) specie se insorte precocemente, condizioni di immunodeficienza (es. AIDS).

Genetica. Per il 90-95% dei casi si tratta di forme sporadiche, mentre il 5-10% sono forme ereditarie. Di quelle ereditarie, il 3-5% sono HNPCC, il 1,5% sono FAP. Nella HNPCC due o più soggetti della stessa famiglia sono affetti da cancro colonrettale, cancro dell’endometrio o cancro dello stomaco; il difetto è nei geni del mismatch repair. Nella FAP (incidenza 1:10.000, colpisce ambo i sessi ed è diffusa in tutto il mondo) il colon è disseminato di migliaia di polipi intestinali, i quali certamente progrediranno a forme tumorali maligne nel caso in cui non si esegua una colectomia; ad oggi tramite la diagnostica molecolare è possibile rilevare la mutazione del gene APC, che è già una indicazione all’intervento chirurgico. Il gene APC codifica per una proteina che si lega alla beta-catenina, e forma un complesso con la caderina; se APC è mutato, la beta-catenina si lega a fattori di trascrizione che attivano vari oncogeni.
Le forme sporadiche prevedono una progressione di eventi ("modello multistadio") che comprende inizialmente le modificazioni tipiche delle forme familiari (mutazioni di APC e dei geni del mismatch), quindi anomalie della metilazione → mutazione k-RAS- mutazione DCC → mutazione p53 (evento finale che apre la strada alla completa sregolazione della cellula).

Storia naturale. Si ritiene che dietro un cancro del colon-retto in fase sintomatica (7-9 mesi) vi sia una lunga storia asintomatica (5-15 anni), e ciò si può dedurre dal fatto che la singola cellula tumorale impiega molto tempo per formare una massa palpabile di 1 cm; si pensa che ogni raddoppiamento avvenga in circa 2 mesi, per cui se per raggiungere il miliardo di cellule occorrono 30 raddoppiamenti, questo accadrà in circa 5 anni. Sarebbe importante riconoscere e curare un cancro nella fase asintomatica, ma purtroppo ancora oggi il 65% dei pazienti si presenta dal medico quando la neoplasia è in uno stadio avanzato, e quindi incurabile. Ciò deriva dal fatto che una piccola massa di cellule tumorali dà difficilmente sintomi, che diventano evidenti solo quando la massa si è accresciuta.

Anatomia patologica
. Le forme di CCR sono molteplici, ma le più comuni sono le seguenti: vegetante (“a cavolfiore”), ulcerata, infiltrante (può rappresentare l’evoluzione delle due forme precedenti), anulare (determina la stenosi del lume). Microscopicamente si tratta quasi sempre di adenocarcinomi, ma vi sono altre forme (altri tumori epiteliali, carcinoidi, leiomiosarcomi, linfomi e altri non classificabili).
Gli adenocarcinomi vengono suddivisi in tre gradi in base alle caratteristiche istologiche:
- grado I (ghiandole ben rappresentate)
- grado II (ghiandole abbastanza conservate, con cellule atipiche e mitosi)
- grado III (struttura completamente scompaginata)

Stadiazione TNM.
T0: Non segni del tumore primitivo
Tis: Carcinoma in situ: intraepiteliale o invasione della lamina propria*
T1: Tumore che invade la sottomucosa
T2: Tumore che invade la muscolare propria
T3: Tumore con invasione attraverso la muscolare propria nella sottosierosa o nei tessuti pericolici o perirettali non ricoperti dal peritoneo
T4: Tumore che invade direttamente altri organi o strutture e/o perfora il peritoneo viscerale
N0: Non metastasi nei linfonodi regionali
N1: Metastasi in 1-3 linfonodi regionali
N2: Metastasi in 4 o più linfonodi regionali
Mo: Metastasi a distanza assenti
M1: Metastasi a distanza presenti

Stage grouping.
Stadio 0: TisN0M0 (carcinoma in situ)
Stadio I: T1N0M0 / T2N0M0
Stadio IIA: T3N0M0
Stadio IIB: T4N0M0
Stadio IIIA: T1-2N1M0
Stadio IIIB: T3-4N1M0
Stadio IIIC: ogniTN2M0
Stadio IV: ogniTogniNM1
Lo stadio I equivale allo stadio A di Dukes ed agli stadi A o B1 di MAC (stadiazione di Aster-Coller modificata); il tumore è limitato alla parete del viscere (mucosa, muscolaris mucosae, sottomucosa e muscolare propria).
Lo stadio II equivale allo stadio B di Dukes ed agli stadi B2 o B3 di MAC; il tumore si è esteso ai tessuti extramurali.
Lo stadio III equivale allo stadio C di Dukes o agli stadio C1-C3 di MAC; i linfonodi regionali sono coinvolti.

Clinica. La fase sintomatica della malattia, in genere molto tardiva, è caratterizzata da:
- sangue nelle feci, evidente od occulto, che può causare anemizzazione, astenia e pallore, che sono spesso il motivo per il quale viene consultato il medico
- dolore addominale, poco caratteristico, spesso passeggero o cronico
- alvo alterno o più spesso modificazione dell’alvo preesistente
- perdita di peso e anoressia in fase avanzata
Esistono inoltre segni e sintomi caratteristici in base alla localizzazione del cancro:
- CANCRO DEL COLON DESTRO (25%) → difficilmente causa occlusione del lume (che è maggiore), mentre più spesso dà anemia, pallore e comparsa di una massa palpabile
- CANCRO DEL COLON SINISTRO (35%) → è spesso responsabile di fenomeni di subocclusione o occlusione a causa delle ridotte dimensioni del lume, sanguinamento a causa della maggiore vicinanza tra il cancro e l’ano, e alvo alterno
- CANCRO DELL’AMPOLLA RETTALE (40%) → può insorgere con ematochezia (feci frammiste a sangue) e tenesmo(sensazione di non aver svuotato completamente l’ano dopo l’evacuazione, a causa dell’ingombro da parte della massa e del suo continuo stimolo alla defecazione)

Complicanze.
- occlusione → più frequente a livello del sigma, che ha diametro minore, si manifesta con vomito, alvo occluso e gas
- perforazione
- invasione e compressione delle strutture adiacenti → vescica, ureteri, vagina, nervi
- metastasi locali → carcinosi peritoneale, metastasi linfonodali
- metastasi a distanza → fegato (nel 10-15% dei casi sono presenti all’atto della diagnosi), polmoni, ossa, encefalo

Diagnosi. L’iter è il seguente:
1. ESPLORAZIONE RETTALE → spesso viene sottovalutata, ma è molto importante perché può dimostrare la presenza di masse palpabili soprattutto a livello dell’ano
2. COLONSCOPIA con BIOPSIA → consente l’osservazione dell’intero colon, fino alla parte destra, e rappresenta il gold standard qualora vi sia il sospetto di CCR; se è presente un cancro consente anche di prelevarne un frustolo per sottoporlo a biopsia, mentre se sono presenti polipi consente di escinderli per evitare che vadano incontro a trasformazione maligna
3. Rx CLISMA OPACO → è una buona alternativa per la diagnosi, oppure può essere complementare alla colonscopia; si esegue con doppio contrasto (bario e aria) sotto controllo radioscopico, e permette di evidenziare aree di mancato riempimento, aree di rigidità della parete, aree di stenosi, fino alle forme più evidenti “a morso di mela”
4. ECOGRAFIA e TC ADDOMINALE → più che ai fini diagnostici sono utili per valutare eventuale disseminazione a distanza e in particolare a livello epatico, per cui debbono essere sempre utilizzate qualora si voglia procedere all’intervento chirurgico
5. CEA → glicoproteina presente in molti tessuti e anche nelle cellule del CCR; tuttavia meno della metà dei pazienti ha un valore elevato del CEA anche se la malattia è in stato avanzato; per questo, più che come test diagnostico, è utile nel follow-up del paziente operato, dato che un suo aumento a distanza dall’intervento potrebbe significare recidiva locale o metastasi a distanza; è per questo motivo che i pazienti sottoposti a intervento chirurgico vengono controllati periodicamente con coloscopia, con ecografia epatica ma anche con dosaggio del CEA

Terapia. E’ diversa a seconda della sede interessata dal tumore.
- Cancro del colon destro: emicolectomia destra
- Cancro del colon sinistro: emicolectomia sinistra
- Cancro del retto:
per le neoplasie dei 2/3 prossimali del retto l’intervento di scelta è la resezione anteriore bassa, mentre per i tumori del retto distale si attua la resezione addomino-perineale secondo Miles; esistono procedure atte a risparmiare gli sfinteri ("sphincter-sparing") grazie alla conservazione dei plessi nervosi simpatici e parasimpatici del plesso sacrale
Gli interventi possono ancora essere effettuati in maniera tradizionale (addome aperto) ma spesso viene preferita la chirurgia laparoscopica. Quest’ultima offre diversi vantaggi, quali minori perdite di sangue, più breve ileo post-operatorio (blocco paralitico intestinale dovuto alla resezione del peritoneo), minore immunodepressione, degenza ridotta (0-2 gg contro i 5-7 gg della chirurgia tradizionale, ritorno al luogo di lavoro in 1 settimana contro le 6-7 settimane della chirurgia tradizionale), minore richiesta di analgesia (3-4 piccole incisioni contro tagli molto estesi), chirurgia oncologicamente sicura (viene garantita la resezione completa). Le asportazioni debbono essere sempre molto ampie, perché è necessario asportare non solo il tumore, ma anche tutti i linfatici tributari della zona colpita, e ciò può comportare l’interessamento di molto tessuto circostante. Dopo la demolizione i capi vengono anastomizzati garantendo la continuità del tubo digerente.
Nel cancro del colon la radioterapia ha una funzione palliativa, come terapia complementare nelle forme T4 con infiltrazione della parete posteriore dell’addome. Nel cancro del retto può avere uno scopo sia curativo che palliativo; a scopo curativo viene utilizzata in fase preoperatoria nei casi localmente avanzati per ridurre la massa e renderla asportabile, in fase postoperatoria in senso adiuvante nei casi B2-C di Dukes.
La chemioterapia adiuvante è considerata standard nello stadio III di Dukes, mentre è ancora incerto il suo ruolo nello stadio IIB; lo schema più utilizzato prevede l'utilizzo di 5-fluorouracile e acido folinico.
Nella gestione dei pazienti affetti da CCR in fase metastatica sono state impiegate diverse modalità terapeutiche. La chemioterapia sistemica, la chemioterapia locoregionale, le terapie ablative, la chirurgia e la combinazione di tutti i trattamenti hanno un ruolo nella gestione di questi pazienti. Per la chemioterapia della malattia metastatica si utilizza principalmente ancora il 5-fluorouracile, al quale è possibile associare irinotecano, oxaliplatino, raltitrexed, capecitabina o UFT.

Prognosi. Globalmente dopo l’intervento chirurgico la sopravvivenza a 5 anni è del 55-75%. Il fattore prognostico principale è lo stadio del tumore (dal 90% di sopravvivenza a 5 anni nelle lesioni confinate alla sottomucosa, al 25% nelle lesioni con metastasi linfonodali). Il cancro del retto ha una prognosi generalmente peggiore rispetto a quella del colon.

Screening. Nei soggetti a basso rischio (no FAP, no familiarità, no HNPCC) ma con età superiore a 50 anni, sarebbe opportuno effettuare una colonscopia ogni 3-5 anni ed effettuare regolarmente la ricerca di sangue occulto nelle feci. Se si hanno fattori di rischio particolari (familiarità, HNPCC) l’età della prima colonscopia deve essere abbassata, fino ad arrivare ai 20-30 anni per la prima colonscopia nei soggetti con FAP, che vengono ritenuti ad alto rischio.

TUMORI DELLA COLECISTI
Come per i
colangiocarcinomi delle vie biliari, la prognosi dei tumori della colecitsi è assai severa, con una mediana di sopravvivenza non superiore ai 6 mesi dal momento della diagnosi. Nei pazienti suscettibili di exeresi chirurgica la sopravvivenza a 5 anni di distanza è inferiore al 5%, pertanto assai modesta. Sono colpite più le donne (3-5:1) e l’età più colpita è attorno ai 65 anni. Si tratta in prevalenza di adenocarcinomi (80%), ed in misura minore di carcinomi indifferenziati, neoplasie squamocellulari, tumori misti o acantomi. Macroscopicamente la lesione provoca un marcato ispessimento di parete, con possibili protrusioni endoluminali e tendenza ad infiltrare il parenchima epatico.

Fattori di rischio: colelitiasi, colestasi associata a flogosi cronica, colecisti "a porcellana", tifo e paratifo, tumori benigni (adenomi e papillomi possono diventare maligni), esposizione a cancerogeni, anomalie delle vie biliari capaci di indurre flogosi cronica, parassitosi, rettocolite ulcerosa, fumo di sigaretta, fattori geografici e razziali (ad esempio negli USA gli indiani sono più colpiti rispetto ai bianchi).

Sintomi. Spesso la diagnosi è occasionale, in corso di colecistectomia eseguita per altri motivi. Le manifestazioni cliniche d’esordio possono essere dolore, nausea, vomito, ittero e calo ponderale, talora anche colecistite acuta.

Diagnosi. L'ecografia è la metodica di prima istanza, ma non è molto specifica. La TC è utile per meglio definire l’estensione ed i rapporti della lesione con le strutture vicine, anche se è difficile evidenziare una neoplasia della colecisti preoperatoriamente; l’anomalia più spesso evidenziata è una lesione polipoide con ispessimento parietale. Infine l'ecoendoscopia permette di definire 4 stadi e il grado di invasione istologica.

Terapia. L’exeresi chirurgica, quando realizzabile, rappresenta l’unico provvedimento capace di migliorare in una certa misura la sopravvivenza a distanza e soprattutto la qualità della vita. Oggi viene attuata spesso per via laparoscopica. L'intervento sarà diverso a seconda dello stadio della malattia.
- T1a (lamina propria) e T1b (muscolare) → colecistectomia
- T2 (connettivo perimuscolare senza estensione oltre la sierosa o nel fegato) → colecistectomia + dissezione dei linfonodi regionali (alto rischio di metastasi linfonodali) + ampia exeresi del letto colecistico
- T3 e T4 (tumori più avanzati) → alcuni Autori propongono resezioni più estese (duodeno-cefalo-pancreasectomia, resezioni epatiche, resezioni del coledoco e di tratti del tubo digerente con linfoadenectomia estesa ai linfonodi retroportali, pancreaticoduodenali posteriori, celiaci di destra, interaortocavali), ma i risultati sono scadenti; non esistono peraltro agenti chemioterapeutici efficaci nel trattamento dei tumori avanzati; il trattamento radio-chemioterapico per il trattamento di tumori non resecabili sembra migliorare il controllo locale.

Saturday, August 19, 2006

COLANGIOCARCINOMI
Rappresentano il 10-15% dei tumori epatici primitivi; la loro
incidenza, pur essendo in aumento, è pari al 2% di tutti i tumori. Istologicamente si tratta per lo più di adenocarcinomi ben differenziati, mucino-secernenti, di forma nodulare, papillare o diffusa; le forme benigne sono invece assai rare (6%).

Fattori di rischio: età > 65, colangite sclerosante, calcolosi delle vie biliari, anomalie congenite delle vie biliari, adenomi e papillomatosi dei dotti biliari, sindrome di Caroli o dilatazione diffusa delle vie biliari intraepatiche, cisti del coledoco.

Classificazione:
- INTRAEPATICI (20-25%)
- EXTRAEPATICI
o Di Klatskin (convergenza dei dotti epatici) (50-60%)
o Distali (al di sotto della convergenza) (20-25%)
- MULTIFOCALI (5%)

Sintomatologia. Il sintomo principale è l’ittero, ad insorgenza lenta e prolungata al contrario dell'ittero da litiasi, che è rapido; si tratta di BLB coniugata, per cui di "ittero chirurgico". Possono essere associati prurito (per riassorbimento dei sali biliari), dolore addominale nei quadranti alti, febbre, anoressia, astenia (tipici di malattia avanzata).

Laboratorio.
- iperBLB (principalmente diretta)
- indici di colestasi (ALP e gamma-GT)
- Ca 19.9 (non sempre)

Indagini diagnostiche. Non bisogna fare subito esami troppo specifici e invasivi. Si può iniziare con un’ecografia addominale, che non fa diagnosi di tumore ma può dimostrarne la sede (dilatazione delle vie biliari con brusco stop). I tumori intraepatici si presentano come masse solide. Quindi si possono eseguire:
- TC con MdC (per valutare estensione della neoplasia, invasione vascolare, coinvolgimento linfonodale e presenza di metastasi)
- Colangio-RMN (è il gold standard, mediante ricostruzioni multiplanari delle vie biliari consente di valutare l’esatta estensione del tumore, e ciò è fondamentale per impostare il trattamento chirurgico; si possono valutare anche l'interessamento linfonodale e le metastasi, che possono sconsigliare un intervento radicale)

Per la stadiazione si utilizza il sistema TNM. Sono criteri di operabilità:
- non metastasi apprezzabili nel pre- e nell’intraoperatorio
- assenza di invasione portale e arteriosa
- non coinvolgimento di organi adiacenti (eccetto il fegato)

Terapia chirurgica. Varia in base alla localizzazione del tumore.
1) COLEDOCO DISTALE E PAPILLA DI VATER: si effettua una duodeno-cefalo-pancreasectomia, cioè si asportano i 2/3 distali dello stomaco, il duodeno, la testa del pancreas, le vie biliari distalmente alla confluenza del cistico e la colecisti, mentre la ricostruzione prevede una gastro-digiunostomia (anastomosi termino-laterale tra stomaco e parete laterale del digiuno), una anastomosi bilio-digestiva (anastomosi termino-laterale tra vie biliari e intestino e termino-terminale tra pancreas e intestino) e una anastomosi latero-laterale tra due anse (per questioni di reflusso).
2) TUMORE DI KLATSKIN: occorre seguire la classificazione di Bismuth dei tumori di Klatskin:
- tipo 1 (al di sotto della confluenza dei dotti epatici), si esegue una resezione della via biliare principale + colecistectomia + linfadenectomia; la ricostruzione prevede una epatico-digiunostomia su ansa alla Roux
- tipo 2 (raggiunge la confluenza ma non coinvolge i dotti epatici), si aggiunge la resezione del I segmento epatico, per la ricostruzione si confeziona una bidutto-digiunostomia su ansa alla Roux
- tipo 3 (coinvolge il dotto epatico comune e il dotto epatico destro [3a] o sinistro [3b]), si aggiunge al precedente una epatectomia destra (nel tipo 3a) o sinistra (nel tipo 3b), per la ricostruzione si utilizza una epatico (dx o sin) -digiunostomia su ansa alla Roux
- tipo 4 (coinvolge la confluenza ed entrambi i dotti epatici), non è operabile

Trattamenti palliativi sono gli stent endoscopici, il drenaggio biliare esterno (sotto guida fluor-angiografica) se l’aspettativa di vita è minore di 3-6 mesi, i by-pass chirurgici (solo se il tumore è giudicato inoperabile dopo esplorazione chirurgica).

Prognosi. Sono operabili al momento della diagnosi circa il 50% dei tumori distali, ma solo il 30% dei tumori di Klatskin. La mortalità intraoperatoria è del 5%; quella extraoperatoria è del 40%. Dopo una terapia oncologicamente corretta la sopravvivenza a 5 anni è del 20-30%, ma in caso di terapia palliativa l’aspettativa di vita è 2-10 mesi.

LINFOMA GASTRICO
Rappresenta una percentuale variabile tra l'1 e il 10% dei tumori gastrici. Lo stomaco può essere interessato nell’ambito di un linfoma polifocale, oppure può essere l’unica localizzazione; tuttavia, per rientrare in quest'ultima definizione, è necessario che la malattia risponda ai criteri di Dawson:
- assenza di linfoadenopatie periferiche o mediastiniche
- assenza di elementi patologici nel sangue periferico o nel midollo osseo
- localizzazione esclusiva allo stomaco

Anatomia patologica. Il linfoma gastrico è nella maggior parte dei casi un linfoma a cellule B; origina dal tessuto linfatico sottomucoso e si localizza prevalentemente all’antro. Il MALT-linfoma invece origina dal tessuto linfatico mucoso, ha basso grado di malignità ed è legato all’infezione da HP. Ha morfologia variabile: può essere infiltrativo, ulcerativo, nodulare, polipoide, misto.

Clinica. È aspecifica e ricorda da vicino quella del carcinoma gastrico (dolore epigastrico, dispepsia, anoressia, nausea, vomito, disfagia, astenia, anemizzazione). Può anche perforarsi. In alcuni casi è palpabile.

Diagnosi. Rx ed endoscopia spesso non permettono di distinguere tra linfoma e carcinoma, ma alcuni elementi possono dare il sospetto che si tratti di un linfoma:
- coinvolgimento del duodeno
- esteso ispessimento delle pliche gastriche senza restringimento del lume
- paziente in buone condizioni
Se la lesione è ulcerata può essere confusa con una ulcera peptica, che tuttavia farà venire dei dubbi per la localizzazione atipica.
Il problema è che spesso neanche la biopsia è dirimente, perché il tessuto neoplastico può essere localizzato solo alla sottomucosa; pertanto si possono rendere necessarie una biopsia profonda e una o più biopsie intraoperatorie.
Per la stadiazione è necessario indagare eventuali linfoadenopatie superficiali ed epato-splenomegalia; possono essere eseguite, a seconda dei casi, una ecografia, una ecoendoscopia, delle biopsie midollari, una Rx torace e digerente, una TC torace e addome.

Terapia. Ad eccezione dei linfomi MALT, la chirurgia ha ancora un ruolo importante nel trattamento del linfoma gastrico, in quanto:
a) consente una completa stadiazione addominale
b) rappresenta la terapia radicale nelle forme localizzate, mentre nelle forme estese è associata alla chemioterapia e alla radioterapia, anche per evitare le perforazioni dovute alla necrosi
conseguente alla terapia
L’intervento di scelta è un’ampia gastroresezione con linfoadenectomia perigastrica; la gastrectomia totale ha solo indicazione di necessità, rappresentata dall’esteso interessamento gastrico.
La sopravvivenza a 5 anni si attesta attorno al 50%.

CANCRO DELLO STOMACO
L’incidenza del cancro gastrico varia a seconda delle aree geografiche, e incide massimamente in Cina, Giappone, Russia e Scandinavia. In Europa si hanno 80.000 nuovi casi/anno con 66.000 decessi/anno (rappresenta la 5° causa di morte per tumore). Il rapporto M:F è di 2:1, ma sotto i 30 anni le donne sono più colpite; la sopravvivenza a 5 anni è complessivamente bassa (5-17%), ma se la diagnosi è precoce si arriva a una sopravvivenza dell’85% (stadio I).
I paesi ad elevata incidenza hanno messo in moto programmi accuratissimi di screening (gastroscopia) che hanno permesso di ridurre molto la mortalità grazie alla diagnosi precoce. In Europa lo screening di massa non viene fatto a causa della (relativamente) bassa incidenza, ma è fondamentale sottoporre a screening soggetti a rischio, quali pazienti con:
- età maggiore di 40 anni con familiarità per cancro gastrico o ulcera, specie se lamentano da più di un mese disturbi digestivi
- ulcera gastrica presente o pregressa, polipi gastrici o gastroresezione
- gastrite atrofica con metaplasia intestinale o alterazioni displasiche
- infezione da Helicobacter Pylori da più di 10 anni

Fattori di rischio.
- familiarità
- genetica (delezione p53, mutazione c-erb2)
- dieta (scarso introito di frutta e verdura, eccessivo introito di cibi in salamoia, affumicati, contenenti nitrati, carne alla brace, cibi fritti)
- patologie sottostanti (gastrite atrofica e ulcera gastrica, acloridria, anemia perniciosa, poliposi gastrica con 20% di polipi > 2 cm, infezione da Helicobacter pylori)

Anatomia patologica. La sede elettiva del carcinoma gastrico è la piccola curvatura in regione antro-pilorica. La classificazione può essere fatta in base a diversi criteri.

In base alla profondità dell’invasione si parla di:
1)
carcinoma gastrico precoce (EGC), ovvero carcinoma limitato alla mucosa e/o alla sottomucosa, senza interessamento della muscolaris mucosae, indipendentemente dalla presenza o assenza di metastasi linfonodali; tale tumore può arrivare ad occupare superfici grandi (anche 10 cm), senza però mai arrivare alla muscolaris mucosae; insorge preferenzialmente nella piccola curva e nell’angulus, in zone con mucosa di transizione antro-corpale; è multicentrico nel 10% dei casi
2)
carcinoma gastrico avanzato (AGC), esteso oltre la sottomucosa gastrica, nella tonaca muscolare e oltre; la sede prediletta è l’antro, ma nel 10% dei casi questo tumore ha insorgenza multicentrica

In base al tipo istologico esistono due forme secondo Lauren:
1)
tipo intestinale (enteroide), generalmente associato a metaplasia intestinale o atrofia, caratterizzato da masse neoplastiche di cellule ghiandolari simili a quelle dell’adenocarcinoma del colon; insorge soprattutto nei maschi dopo i 50 anni, è spesso polipoide o vegetante, generalmente più differenziato e con crescita di tipo espansivo; è associato ad una componente infiammatoria maggiore, ulcera abbastanza precocemente la mucosa gastrica, dando sintomi più precoci e per questo è correlato ad una maggiore sopravvivenza
2)
tipo indifferenziato diffuso, in genere insorge più precocemente e predilige le donne, facendo sospettare un maggiore coinvolgimento dei fattori genetici; si presenta spesso con diffuso ispessimento delle pareti gastriche, non è associato a metaplasia intestinale, ma è scarsamente differenziato, con crescita di tipo infiltrativo e ridotta componente infiammatoria (al contrario del carcinoma enteroide infiltra estesamente la mucosa prima di dare segni di sé; è composto da cellule mucipare di tipo gastrico, che non tendono a formare ghiandole ma piuttosto ad infiltrare diffusamente la parete come cellule singole o tutt’al più formando nidi; spesso queste cellule assumono l’aspetto tipico “ad anello con castone”, perché il citoplasma ricco di mucina sposta il nucleo in periferia; è la neoplasia più pericolosa dello stomaco, e va indagata con metodiche immunoistochimiche estese ai linfonodi.

Secondo Bormann si riconoscono 4 tipi macroscopici:
1. polipoide solitario, non ulcerato
2. ulcerato con elevazione dei margini, ma con limiti netti
3. infiltrante
4. diffuso (linite plastica)

Diffusione.
1) Per contiguità. L’infiltrazione della parete gastrica vede il suo massimo nella linite plastica, infiltrazione scirrosa diffusa che causa irrigidimento della parete. Nei casi più avanzati l’infiltrazione prosegue agli organi vicini quali omento, fegato, pancreas e colon trasverso. Si può avere diffusione intra-addominale con metastasi ovariche (tumore di Kruckenberg), foci metastatici peritoneali periombelicali (noduli di Sister-Joseph), esfoliazione in cavo di Douglas (massa di Bloomer dolorosa all’esplorazione rettale digitale).
2)
Per via linfatica. Il drenaggio linfatico dello stomaco è estremamente complesso, e tuttora si hanno visioni contrastanti tra le scuole dei vari paesi per il trattamento dei linfonodi in chirurgia. La stadiazione N ritiene importante la distanza dei linfonodi coinvolti dallo stomaco. La diffusione può avvenire ai linfonodi loco-regionali del tripode celiaco, al linfonodo sovraclaveare sinistro di Wirchow attraverso il dotto toracico, al linfonodo di Irish (ascella sinistra), ai linfonodi dell’ilo splenico, ai linfonodi attorno a coda e corpo del pancreas (eventuale necessità di asportare la milza e il pancreas).
3)
Per via ematogena. Sede prediletta è il fegato, raramente sono coinvolte le ossa e i polmoni.

Sintomi. I sintomi precoci sono assenti o estremamente vaghi: disturbi all' epigastrio, lieve senso di oppressione post-prandiale, di pienezza e gonfiore non giustificati dall’entità dei cibi assunti, talvolta nausea e rifiuto di particolari cibi; la non specificità di questi sintomi causa spesso un ritardo nella diagnosi. Infatti, la comparsa di segni e sintomi più indicativi come anoressia, calo ponderale, massa addominale palpabile, dolore epigastrico, vomito, disfagia e anemia sideropenica corrisponde ad una situazione già avanzata. Ematemesi e melena sono molto rari.
Nel 10% dei casi la malattia è sistemica con linfoadenopatie sovraclaveari o pelviche, ascite, ittero o epatomegalia.

Diagnosi.
- Anamnesi ed esame obiettivo (valutare i linfonodi, il cavo del Douglas tramite ER, l’ombelico e la fossa sovraclaveare)
- Endoscopia con biopsia
- Rx digenerente I tratto a doppio contrasto (rileva lesioni ulcerate e individua aree con motilità alterata o aperistalsi, significative di linite plastica)
- Ecografia e TC addome (ispessimento parete, stadiazione)
- Ecoendoscopia (grado di infiltrazione intramurale)
- Laparotomia e laparoscopia (valutano il coinvolgimento peritoneale e l'estensione in casi dubbi; possono essere anche terapeutiche)
- Markers tumorali (CEA e Ca 19.9 per il follow-up)

Stadiazione e prognosi. La stadiazione è la TNM.
Tx - tumore primitivo non definibile
T0 - tumore primitivo non evidenziabile
Tis - carcinoma in situ
T1 - tumore che infiltra la lamina propria o la sottomucosa
T2 - tumore che invade la tonaca muscolare propria o la sottosierosa
T3 - tumore che infiltra la sierosa ma non le strutture adiacenti
T4 - tumore che infiltra le strutture adiacenti
Nx - linfonodi non valutabili
N0 - linfonodi liberi da metastasi
N1 - da 1 a 6 linfonodi locoregionali con metastasi
N2 - da 7 a 15 linfonodi locoregionali con metastasi
N3 - oltre 15 linfonodi locoregionali con metastasi
Mx - metastasi a distanza non accertabili
M0 - metastasi a distanza assenti
M1 - metastasi a distanza presenti
Stage grouping:
Stadio 0 - TisN0M0
Stadio Ia - T1N0M0
Stadio Ib - T1N1M0 / T2N0M0
Stadio II - T1N2M0 / T2N1M0 / T3N0M0
Stadio IIIa - T2N2M0 / T3N1M0 / T4N0M0
Stadio IIIb - T3N2M0 / T4N1M0
Stadio IV - T4N2M0 / OgniTN con M1
La sopravvivenza varia in base allo stadio; nello stadio 0 è del 90%, nello stadio I dell'80-90%, scende al 60-70% nello stadio II, crolla al 5-10% nello stadio III, mentre è minore del 5% nello stadio IV.

Terapia. La chirurgia è il trattamento primario:
- gastrectomia totale con linfadenectomia
- gastrectomia totale allargata con linfadenectomia
(a seconda dei casi può essere necessario asportare milza, pancreas, omento e duodeno, oppure la porzione distale dell’esofago nei tumori del cardias)
- gastrectomia parziale Billroth II (nell’EGC e nei tumori limitati all’antro non è spesso necessario asportare completamente lo stomaco; inoltre una gastrectomia parziale può essere scelta come trattamento palliativo nella malattia metastatica, in cui la gastrectomia totale non aumenta la sopravvivenza)
Per la ricostruzione si prediligono l'ansa ad omega o l'ansa alla Roux; altre opzioni sono le ricostruzioni secondo Hoffmann, Soupault, Tanner, Nakayama, Hunt.
Le complicanze dell'intervento di resezione gastrica possono essere numerose: si ricordano la carenza di ferro e B12 (che necessita di terapia sistitutiva) e la dumping syndrome (la perdita dell’antro e quindi della funzione di riserva gastrica dà luogo a vomito, distensione addominale e tachicardia; il trattamento è a base di farmaci inibitori della peristalsi e di diete a basso contenuto di carboidrati).
La chemioterapia neoadiuvante può essere utilizzata da sola o in associazione alla RT per rendere operabile un cancro inizialmente inoperabile. Inoltre la chemioterapia è la terapia di elezione per la malattia metastatica (il farmaco singolo più attivo è il 5-FU, e può essere usato in combinazione a doxorubicina, etoposide, cisplatino, metotrexate o mitomicina-C). Trials di chemioterapia e RT adiuvante sono in corso. Pazienti negli stadi III e IV dovrebbero essere inseriti in nuovi trials clinici dato che in ogni caso le possibilità di guarigione non sono elevate.
La radioterapia può essere utile nelle sindromi dolorose.

Friday, August 18, 2006

CARCINOMA DEL PANCREAS
Il carcinoma del pancreas rappresenta la terza causa di morte per neoplasia (dopo polmone e colon) nell’uomo, e la quarta causa di morte per neoplasia nelle donne. L'incidenza è in aumento nel mondo occidentale. Più dell'80% dei casi si verificano tra i 60 e gli 80 anni; il rapporto uomo:donna è 2:1. La maggior parte dei tumori (80%) interessa la testa del pancreas. La sopravvivenza a 5 anni è estremamente bassa (0,4%).

Fattori di rischio: fumo di sigaretta, alcool, cancerogeni industriali, dieta ricca di carne e grassi, povera di frutta e verdura, diabete mellito, pancreatite cronica e colelitiasi. Più del 90% dei casi presenta mutazioni dell’oncogene Ki-ras.

La sintomatologia è scarsa, aspecifica, e tardiva, comparendo solo quando il tumore è già in uno stadio avanzato (il 75% ha già metastasi alla presentazione). Inoltre i sintomi variano con la sede del tumore:
- cancro della testa (75% perdita di peso, ittero ingravescente, dolore addominale gravativo, 50% epatomegalia, 25% dolore irradiato al dorso, 20% massa palpabile, 10% colangite); nel 50% dei pazienti con ittero la colecisti è palpabile (segno di Courvoisier)
- cancro del corpo-coda (75% perdita di peso e dolore, 25% comparsa improvvisa di diabete mellito, 10% tromboflebiti migranti)
Tipica dei malati è la posizione antalgica (seduti con la colonna flessa).

Il tipo istologico principale (80%) è l'adenocarcinoma duttale, che origina dall'epitelio dei dotti; il restante 20% è costituito da cistadenocarcinomi e tumori endocrini.

Per la diagnosi possono essere richiesti inizialmente i markers neoplastici (CEA, TPA, CA50, CA 19.9, questo ultimo particolarmente utile per la diagnosi differenziale con la pancreatite cronica e nel follow-up dei pazienti trattati).
Tra gli esami radiologici:
- ecografia addominale (ha una sensibilità dell’80%)
- TAC con MdC e RNM (sono utili nella localizzazione della massa pancreatica; la spiral-TAC ha migliorato il grado di risoluzione ed ha una sensibilità > 95%)
- ERCP (bassa specificità nella d.d. tra tumore e pancreatite cronica)
- Rx digerente 1° tratto (non è significativa nella diagnosi di tumore del pancreas ma è utile nella valutazione di una eventuale infiltrazione duodenale)
- agoaspirato eco- o Tc-guidato (citologia): 100% di specificità
- eco-doppler vasi addominali (rapporti tra neoplasia e strutture vascolari)
- wirsungrafia (in caso di dubbia d.d. con la pancreatite cronica)
- ecoendoscopia (utile soprattutto nello studio dei tumori della testa)

Stadiazione TNM.
T1: limitato al pancreas
T2: estensione a duodeno, via biliare, tessuto pancreatico
T3: estensione a stomaco, milza, colon, grossi vasi adiacenti

Terapia chirurgica. La resezione rappresenta l'unica possibilità di cura, ma solo il 15% dei pazienti è ritenuto operabile (diagnosi tardiva). Controindicazioni all'intervento sono metastasi epatiche o carcinosi peritoneale, estesa infiltrazione locale e infiltrazione delle strutture vascolari, metastasi linfonodali.
1) Intervento di Whipple (cefalo-duodeno-pancreasectomia). È di scelta nel carcinoma della testa. L’innovazione più recente è la conservazione del piloro. Si pratica una resezione duodeno-pancreatica; la testa del pancreas ed il duodeno vengono asportati. Poi si eseguono 3 anastomosi: pancreatico-digiunostomia, epatico-digiunostomia, gastro-digiunostomia. La mortalità operatoria è inferiore al 5%, le principali complicanze sono le emorragie, gli ascessi intraperitoneali e le deiscenze anastomotiche.
2) Resezione splenopancreatica distale. Di scelta per i tumori di corpo e coda.
3) Pancreasectomia totale.
4) Interventi palliativi. Possono essere chirurgici (lasciano in situ il tumore ma risolvono l’ostruzione biliare o duodenale; sono interventi derivativi, colecisto-digiuno-stomia o coledoco-digiuno- stomia ± gastrodigiunostomia) oppure endoscopici (consistono nel posizionamento di stent introdotti per via endoscopica nella papilla di Vater, attraverso il tumore). Tra gli interventi per il trattamento del dolore si ricordano la denervazione, la splancnicectomia e la alcoolizzazione percutanea del plesso celiaco.
Un ruolo importante al fine della sopravvivenza è quello della linfadenectomia. L’asportazione di stazioni linfonodali para-aortiche, del tripode celiaco, della mesenterica superiore e del cellulare retroperitoneale peripancreatico, consente sensibili miglioramenti nella sopravvivenza (sino a 30% a 5 anni). Possono essere utilizzate anche la chemioterapia (soprattutto il 5-fluorouracile) e la radioterapia (soprattutto intraoperatoria).

CARCINOMA DELL’ESOFAGO
Il K dell’esofago è un tumore ad elevato tasso di mortalità, diffuso più nei paesi orientali (Cina, Giappone, Iran) che in Italia e USA (30-50 casi ogni 100.000 abitanti/anno contro 3-5). In Italia è diffuso in Friuli e Veneto, per via dell’elevato consumo di alcol. L’età di insorgenza è 57-67 anni negli uomini, di 54-62 anni nelle donne. La sopravvivenza a 5 anni è bassa, poiché la sintomatologia è tardiva, la valutazione clinica dell'esofago non è delle più agevoli, e non vi sono programmi di screening di massa (la prognosi è migliore nei paesi, come il Giappone, che hanno invece adottato tali programmi).

Fattori di rischio: familiarità, abuso di alcol e tabacco, abitudine ai cibi caldi, carenze vitaminiche, irradiazione,
lesioni da caustici, esofagite peptica, esofago di Barret, acalasia, ernia iatale, diverticoli esofagei, sindrome di Plummer-Vinson (o di Patterson-Kelly o disfagia sideropenica), tilosi (malattia autosomica dominante con papillomatosi esofagea), cheratoma palmo-plantare, infezione da papillomavirus.
Molto spesso il carcinoma insorge su una precancerosi, che può essere rappresentata da una displasia sideropenica (in corso di malattia di Patterson-Kelly), una leucoplasia (precancerosi su base iperplastica), un tumore benigno (raramente), una lesione irritativa di varia natura (abuso di alcolici, causticazioni, ecc…), una displasia grave.

Classificazione anatomo-clinica.
1. EARLY ESOPHAGEAL CANCER (non oltre la sottomucosa)
a. Intraepiteliale (sopravvivenza a 5 anni 100%)
b. Intramucoso (85%)
c. Sottomucoso (69%)
2. ADVANCED ESOPHAGEAL CANCER (oltre la sottomucosa)

Classificazione anatomo-patologica.
- CARCINOMA SQUAMOCELLULARE (90-05%)
- CARCINOMA ADENOCELLULARE (non è tipico dell’esofago che non ha questo tessuto, ma isole adenomatose possono essere presenti comunque o essere associate a esofago di Barret; si localizza più spesso a livello del terzo inferiore)
- ALTRI ISTOTIPI (mucoepidermoide, oat cell, apudoma, leiomiosarcoma)

Il comportamento dei tumori dell'esofago è diverso a seconda della zona di insorgenza:
- i TUMORI DEL TERZO SUPERIORE infiltrano l’organo longitudinalmente, per via del ricco plesso linfatico sottomucoso; di conseguenza la disfagia è tardiva (stenosi tardiva, diagnosi tardiva), e le resezioni chirurgiche radicali non sono quasi mai possibili; questi tumori inoltre tendono a infiltrare precocemente la parete, e a interessare trachea e bronchi. Anche per questi motivi la prognosi è peggiore.
- i TUMORI AL DI SOTTO DELLA CARENA infiltrano l’organo in maniera circonferenziale, e di conseguenza la disfagia è precoce (prognosi migliore) e le resezioni chirurgiche radicali sono più frequenti. Questi tumori inoltre infiltrano tardivamente la parete, e non interessano quasi mai strutture vitali adiacenti. Anche per questi motivi la prognosi è migliore. I tumori del terzo inferiore sono spesso associati a una lunga storia di MRGE.

La classificazione di Borman è una classificazione anatomo-clinica, che suddivide:
- tumori esofitici, sporgenti o ulcerati, a margini netti, con prognosi migliore
- tumori endofitici, superficiali, sporgenti o ulcerati, a margini irregolari, con prognosi peggiore

Suddivisione in tipi istologici:
- I, polipoide o vegetante
- II, ulcerato
- III, ulcerato e infiltrante
- IV, diffusamente infiltrante

La diffusione del cancro esofageo è prevalentemente (e precocemente) linfatica; l’esofago cervicale è drenato dai linfonodi sovraclaveari e cervicali, quello mediastinico è drenato da quelli mediastinici, pericardici e gastrici. Più tardivamente compaiono la diffusione locale e le metastasi a distanza (sedi elettive sono il fegato e le ossa).

La sintomatologia è tardiva nella gran parte dei casi. I sintomi principali sono:
- disfagia progressiva (ha una presentazione diversa a seconda della localizzazione del cancro; nei tumori del terzo superiore, che tendono ad accrescersi longitudinalmente, è un sintomo molto tardivo, mentre nei tumori del terzo inferiore, che hanno una crescita prevalentemente anulare, è un sintomo abbastanza precoce)
- scialorrea (risposta simpatica a una irritazione dell’esofago)
- rigurgito, bruciore retrosternale
- anoressia, calo ponderale e anemia
- sintomi respiratori (da rigurgito, aspirazione o fistole)
La sintomatologia del cancro si differenzia da quella dei disturbi della motilità esofagea (es. acalasia) non tanto per i cibi soggetti a disfagia, che non rappresentano un criterio assoluto, quanto per la differente cronologia clinica: il paziente con acalasia presenta disturbi episodici, legati ad alcuni particolari cibi o a particolari situazioni, mentre il paziente neoplastico tende ad avere una storia progressiva e continua.
Talora il cancro dell'esofago insorge con una complicanza. Le complicanze più frequenti sono:
- emorragie per infiltrazione di aorta e vena cava superiore
- tosse e raucedine per infiltrazione del nervo ricorrente
- tracheobronchiti, tosse, dispnea, emottisi per infiltrazione della trachea e dei bronchi, soprattutto nei tumori retrocarenali
- spasmi bronchiali per interessamento dei nervi bronchiali
- polmoniti e ascessi polmonari da fistola con le vie respiratorie
- disturbi del ritmo cardiaco dovuti al bolo che si ferma dietro l’atrio destro

Per la conferma diagnostica sono utilizzate le seguenti indagini:
- citologia con brushing
- Rx esofago con pasto baritato (permette di valutare la stenosi, le forme aggettanti, le ulcerazioni, e la mancanza di peristalsi che indica la fissità dell’organo; più l’esofago è fisso, più difficilmente sarà resecabile. Quasi tutti i cancri del tratto digerente tendono a manifestarsi all’Rx baritato col tipico aspetto “a torsolo di mela”)
- endoscopia con biopsia (consente di osservare solo neoplasie superficiali, mentre non è utile nei tumori profondi, quali i leiomiosarcomi)
Per la stadiazione sono necessarie:
- Rx torace (in fase avanzata si può valutare l’infiltrazione delle strutture adiacenti come ingombro mediastinico)
- eco-endoscopia (è importantissima perché permette di valutare l’infiltrazione in profondità e anche il coinvolgimento linfonodale)
- endoscopia delle vie aeree
- eco-addome superiore
- TC toraco-addominale

La stadiazione più comune del carcinoma esofageo è quella del sistema TNM:
- T1 e T2 --> tumore limitato alla parete dell’esofago
- T3 e T4 --> tumore esteso alla avventizia e alle strutture adiacenti
A conferma della precoce invasione linfatica, è da notare che il 31% dei T1 è gravato da positività dei linfonodi.

La terapia di scelta è quella chirurgica, che però non è sempre perseguibile ad intento curativo; meno del 40% dei pazienti è considrato radicalmente operabile, mentre più spesso l'intervento ha una finalità palliativa. L'utilizzo di una terapia farmacologica e/o radiante neoadiuvante talora consente di effettuare un intervento radicale su tumori inizialmente considerati inoperabili. L'istotipo più radiosensibile è il carcinoma squamocellulare.
L’accesso chirurgico non è la sternotomia (l’esofago è troppo posteriore) ma la toracotomia o la cervicotomia. L'intervento radicale è sempre identificato nella esofagectomia totale, la ricostruzione è effettuata con un tubulo gastrico o con il colon. Talora può essere necessario asportare faringe e alte vie respiratorie. Questi interventi sono gravati da alta mortalità e morbidità, ma se la malattia non si ripresenta il paziente può riaquistare una discreta qualità della vita. La linfadenectomia si può effettuare per via toracoscopica. Gli interventi a scopo palliativo mirano a ricanalizare l’esofago; si ricordano l'inserimento del tubo di Celestin (che si ancora al cardias e mantiene la pervietà consentendo al paziente una alimentazione naturale), le intubazioni endoscopiche e le resezioni della massa vegetante.